IL FUTURO FRA CARTA O PLASTICA
La carta come alternativa alla plastica, è davvero la via più giusta?
L’attuale tendenza a livello Europeo è quello di diminuire drasticamente l’utilizzo di plastica al fine di abbassare l’inquinamento dovuto ai rifiuti da essa prodotta. Con la DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, emessa il 28/05/2019, sono stati di fatto messi al bando dal 2021 alcuni prodotti tra cui posate e piatti di plastica.
Abbiamo già parlato in un precedente articolo della progressiva diminuzione della plastica, argomento che pone un importante interrogativo in merito a quale sia un suo valido sostituto soprattutto per quei beni che oggi dominano il panorama alimentare. Il primo candidato è rappresentato dalla carta. Ma cosa sappiamo di questo materiale?
Attualmente la carta ha un’applicazione relativamente limitata nel campo dei prodotti a diretto contatto alimentare ma al contempo ha un impatto ecologico molto minore. Tuttavia presenta criticità più o meno rilevanti ed a livello normativo la carta non dispone di un quadro giuridico completo e soprattutto armonizzato a livello UE.
L’assenza di uniformità nei sistemi legislativi pone forti limitazioni commerciali ed espone i consumatori a possibili rischi dovuti alla sicurezza dei prodotti a base di carta.

Quali sono i rischi maggiori
Un recente studio effettuato dall’associazione europea dei consumatori BEUC in merito ai prodotti destinati al contatto alimentare e composti da carta, ha rilevato su un totale di 76 articoli in carta colorata, la presenza di ammine aromatiche primarie e di fotoiniziatori, come il benzofenone. Il rapporto “More than a paper tiger” cita prodotti di normale utilizzo giornaliero fra cui:
- tazze da caffè,
- piatti,
- cannucce e bicchieri
- tovaglioli,
- sacchetti per alimenti da forno secchi
Su questi prodotti sono state rilevate:
- ammine aromatiche primarie su un 17% dei campioni di cui 9 “al di sopra dei limiti”
- fotoiniziatori e altre sostanze correlabili all’uso di inchiostri da stampa su un totale di 71% di campioni, di cui circa 50 presentavano una migrazione eccedente i limiti presenti nella legiferazione svizzera
Solo il 9% dei campioni sono risultati esenti da problematiche.
Questi studi dimostrano inoltre che i maggiori rischi sarebbero legati alla presenza di sostanze chimiche derivanti dalla stampa di carta e cartone per alimenti, piuttosto che sostanze o fattori in grado di migrare negli alimenti e non ancora valutate dall’EFSA.
Sono infatti gli inchiostri utilizzati per la stampa degli imballaggi in carta che non la carta stessa, la fonte maggiore di rischio. Questi componenti infatti sono realizzati da miscele chimiche complesse di coloranti, leganti, solventi e additivi per un totale di oltre 5.000 sostanze diverse potenzialmente utilizzabili.
Perché si utilizza la normativa svizzera?
Come già ribadito a livello UE non vi sono normative armonizzate che possano regolare gli aspetti di legalità, sicurezza e qualità del prodotto in carta e destinato a venire a contatto con gli alimenti. Ogni stato membro segue una sua specifica regolamentazione (quando presente) e ne sono un esempio le leggi esistenti in Italia, Germania, Olanda, Belgio, tuttavia le disparità sono evidenti e quindi sovente si creano situazioni di mancato allineamento legislativo, fonte di problematiche soprattutto fra clienti e fornitori.
Ne è un chiaro esempio la normativa vigente in Italia (DM 21/03/1973 e DLgs 220/1993) che ammette l’utilizzo della carta da riciclo esclusivamente per alimenti solidi secchi quali sale, zucchero, riso, pasta secca. Il medesimo materiale in Germania può essere utilizzato per la realizzazione di i tipi di alimenti «previa verifica della conformità».
Ne consegue una disparità non solo giuridica ma anche commerciale fra i due Stati Membri della UE. Questa situazione è comune anche ad altri stati.

Quali posizioni per il futuro?
La grande disparità legislativa fra gli stati membri e la mancanza di una normativa armonizzata UE dovrebbe essere quantomeno portare alla definizione di una soglia di sicurezza comune per definire un materiale “privo di rischi per la salute”.
Oltre infatti allo studio condotto dal BEUC vi sono altri studi tossicologici condotti in autonomia da rinomati centri di ricerca (es. JRC della Commissione UE) che ammettono determinate soglie di rischio, tuttavia non sempre le valutazioni sono chiare come ad esempio la determinazione delle ammine aromatiche primarie (studio JRC 2016) dove non è stato stabilito se è stata utilizzata la soglia definita dal Regolamento UE 10/2011 sulle plastiche (limite di 10 mg/kg) oppure il limite suggerito dal BfR Tedesco (2 mg/kg).
E’ chiaro che se il riferimento fosse quello dei 2ppm il problema non sarebbe legato solo alla carta bensì probabilmente anche molte plastiche potrebbero essere afflitte da problemi si superamento dei valori soglia.
Ancora una volta la mancanza di una norma comunitaria e soprattutto limiti critici per la sicurezza dei prodotti, pone in essere gravi lacune. Definire quindi una soglia di sicurezza comune che possa definire un materiale “privo di rischi per la salute”, indipendentemente dal fatto che si tratti di carta o di plastica, dovrebbe essere una priorità per il legislatore.

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Fonti e riferimenti per gli aggiornamenti:
Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone
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