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Il caffè in capsule e l’impatto ambientale

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Il caffè in capsule rappresenta uno dei maggiori prodotti consumati sia a livello UE che a livello mondiale. La diffusione di strumenti sia professionali che domestici per l’erogazione e consumo di caffè, unito alla sempre maggiore necessità di contenere i tempi (e i costi), hanno spinto il caffè in capsule verso i vertici degli alimenti più acquistati.

A livello globale, il mercato del caffè rappresenta già uno dei maggiori settori commerciali con impatti considerevoli, non solo in termini economici, ma anche a livello sociale, politico ed ambientale. Alcune economie, soprattutto dell’America latina, si basano sulla coltivazione e commercio del caffè.

Sotto la spinta commerciale di alcune multinazionali verso una nuova tipologia di consumo di questo alimento, ovvero il caffè in capsule, le abitudini e le logiche imprenditoriali di una buona parte del pianeta stanno velocemente cambiando.

Se guardiamo ai numeri della sola Europa occidentale il caffè in capsule o cialde rappresenta un mercato di circa 18 milioni di euro in costante crescita. In Italia, storico Paese votato al consumo di caffè, i numeri sono ancora maggiori con una crescita dei volumi di 10 volte superiore rispetto al caffè macinato (dati 2018).

Anche le previsioni per i prossimi 8 anni circa ipotizzano un raddoppio del consumo di caffè in capsule rispetto ai dati 2017/2018.

Ma questa crescita è a costo zero? La risposta è No.

Caffe In Capsule2

L’impatto ambientale del caffè in capsule

La facilità di utilizzo del caffè in capsule è solo ciò che il consumatore percepisce quando decide, consapevolmente, di consumare un caffè, unita all’ampia scelta di gusti e tipologie che il mercato propone per questa nuova tipologia di consumo.

Inconsapevolmente, però, la maggior parte degli utilizzatori ignora le fasi del processo che portano sia alla produzione di una capsula, sia e soprattutto, al suo smaltimento. Ogni giorno, quindi, centinaia di milioni di consumatori in tutto il mondo producono decine di migliaia di tonnellate di rispettivi imballaggi da destinare a discariche e inceneritori.

Analizziamo velocemente il processo: l’acquisto di caffè in capsule comporta indubbiamente un minor spreco del caffè stesso, questo in quanto in commercio esistono confezioni che contengono più tipologie di prodotto che possono quindi essere conservate sia a livello professionale che domestico limitando spazi, perdite o deterioramento di prodotto per apertura delle confezioni. Inoltre, non vi sono sprechi dovuti alla preparazione della macchina o della Moka.

Apparentemente il semplice gesto di inserire una capsula ed erogare il caffè non produce alcuna problematica. Però vi sono una serie di aspetti che impattano negativamente:

In primo luogo, la composizione delle capsule realizzate con materiale non riutilizzabile e derivanti da fonti non rinnovabili. La maggior parte delle cialde infatti è composta da materiale plastico (polietilene PE e polietilentereftalato PET), alluminio e fondi di caffè.

Di fatto la composizione della capsula di caffè non permette un suo riciclo, se non con processi che implicano un consumo energetico aggiuntivo con conseguente impatto ambientale più elevato. Inoltre, la presenza di un imballo secondario per la vendita del caffè in capsule, solitamente cofanetti o confezioni in cartoncino verniciato, implica un’ulteriore gestione di materiale.

E ancora, se si pensa ai materiali che compongono la capsula e in particolare all’alluminio, l’elemento di base per la produzione di tale materiale è la bauxite, ottenuta per lo più attraverso la deforestazione (miniere a cielo aperto in Brasile ed atre zone tropicali), inoltre il processo di produzione dell’alluminio, molto complessa, richiede un consumo energetico elevato e produce scarti anche tossici (fanghi e fumi).

Per chi conosce e svolge studi di LCA (Life-Cycle Assessment), studi su carbon footprint e water footprint, comprende subito che tale prodotto ha valori molto peggiori di taluni altri prodotti alimentari.

Anche il rapporto fra caffè e materiale da imballo ci indica in termini numerici che, considerando 10g il peso totale ipotetico di una capsula di caffè, questa è mediamente composta da 5-7 grammi di caffè e di altri 3 grammi di packaging a base di alluminio e/o plastica. Questo significa che circa il 40% del prodotto viene immesso nell’ambiente senza possibilità di riciclo.

Caffe In Capsule

L’utilizzo delle biocapsule

Alcuni produttori hanno iniziato a proporre capsule realizzate con plastiche biodegradabili e/o materiali compostabili. Ma questa soluzione, apparentemente vantaggiosa, è davvero percorribile? Il caffè in capsule biodegradabili e/o compostabili permette di smaltire sia il caffè che la capsula direttamente come frazione di rifiuto organico, inoltre concorre alla riduzione del consumo di bauxite ed idrocarburi, che sono i componenti primari delle normali capsule da caffè. Tuttavia, non risolvono né il problema di ridurre il materiale di imballaggio (cartoncino e confezione secondaria), né il problema del riutilizzo, né migliorano la produzione di compost nella sua fase finale di setacciatura.

Ulteriore fattore da tenere in considerazione e che non deve essere ignorato è legato alla biodegradabilità dell’imballo, che lo trasforma in microplastiche in tempi più o meno lunghi.

Il caffè in capsule, quali rischi per la salute

L’impatto sulla salute del consumatore del caffè in capsule è già stato affrontato in un precedente articolo. Attualmente l’utilizzo di questa metodologia di consumo espone il consumatore ad una quantità fino a 10 volte superiore di composti organici potenzialmente cancerogeni e genotossici, rispetto alle quantità consumate attraverso il caffè macinato. Ci riferiamo soprattutto a furani e metilfurani, che si sviluppano a condizioni di alta temperatura, ma che sono altamente volatili .

L’utilizzo di cialde confina in uno spazio molto ridotto il caffè che, di fatto, non impedisce la dispersione dei composti organici. Inoltre, nella sua fase di dosaggio nella macchina da caffè, il prodotto è sottoposto a forte stress termico che aumenta la concentrazione di metilfurani e furani.

A tal proposito si ricordano le misure di attenuazione e relativi livelli di riferimento previste nel Regolamento UE 2158 del 2017.

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Fonti e riferimenti per gli aggiornamenti:

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GIFT – Great Italian Food Trade

Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone

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