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ETICHETTE, STABILIMENTO, ECOMMERCE

 In News

Torniamo oggi su alcune informazioni presenti sulle etichette e su come debbano essere comunicate in regime di vendita in e-commerce.

Una delle maggiori richieste sopraggiunte negli ultimi mesi riguarda la sede dello stabilimento in etichetta ma non solo. Una questione che ricorre spesso sia in termini di verifica delle conformità delle etichette stesse che in sede di audit di seconda parte dove il l’azienda spesso si trova a giustificare scelte già “confermate” e quindi potenzialmente soggette a non conformità.

Le domande sono spesso legate alla conferma o meno delle diciture “prodotto [o realizzato] nello stabilimento di …”, la questione è ancora più spinosa nel caso di prodotti commercializzati a marchio, dove le responsabilità si annebbiano spesso fra contratti commerciali ecc, senza valutare bene i dettami normativi che sono la fonte primaria su cui basarsi.

Etichette Alimentari Stabilimento Ecommerce

Spesso la risposta arriva in modo non conforme da uffici marketing che provano a forzare la mano, figure tecniche che non hanno specifiche competenze oppure dal caso stesso, ovvero mancanza di un controllo finale.

Cerchiamo di quindi di fare chiarezza in modo da avere anche una linea guida sulla quale fare le opportune valutazioni interne.

La prima cosa da considerare è sempre la normativa di riferimento che in questo caso era di tipo verticale per i prodotti realizzati in Italia. Il riferimento iniziale sull’obbligo di citare la sede dello stabilimento di produzione, lo trovavamo nel “vecchio” Decreto Legge 109/1992.

Con l’introduzione del Regolamento UE 1169/2011 questo requisito è stato abrogato a fronte di una politica sul libero scambio fra i paesi membri. Come informazione obbligatoria da apporre sui prodotti preimaballati, il Regolamento UE 1169/2011 art.8, introduceva la ragione sociale dell’operatore che immette sul mercato il prodotto, compreso il suo indirizzo (che può anche essere la sede legale e non quella produttiva)

Il Decreto Legge 145/2017

Questa norma è stata introdotta appunto nel 2017 con lo scopo di reintrodurre l’obbligo di citare la sede dello stabilimento di produzione sui prodotti commercializzati sul territorio Italiano, così da valorizzare la tipicità ed il valore del così detto “made in Italy”.

Tuttavia questa norma è sempre stata in contrapposizione con i principi di diritto UE e quindi di fatto non può essere applicata senza entrare in un regime di contraddizione (per altro il Parlamento UE non ha mai recepito ufficialmente tale atto nazionale).

Cosa è corretto fare

Allo stato legislativo attuale la sola menzione conforme e legalmente accettabile è l’applicazione dell’articolo 8 del Regolamento UE 1169/2011 ovvero:

Nome o ragione sociale” e “indirizzo dell’operatore che immette in commercio l’alimento preimballato”.

Ulteriori dizioni sono superflue e possono anche portare a segnalazioni da parte delle autorità.

Il mercato e-commerce

Questo è un altro tema che suscita molte richieste dove si nota una scarsa consapevolezza di ciò che viene menzionato sulle etichette, sui portali e sulle schede tecniche che descrivono, online, i prodotti.

Il mercato dell’e-commerce rappresenta un valido sbocco commerciale soprattutto in momenti economici come quello attuale, tuttavia vigono le medesime regole della comunicazione richieste dai prodotti a scaffale con poche differenze.

In primo luogo deve essere ben chiaro che il Regolamento UE 1169/2011 al suo articolo 14 cita sono “[…] disponibili prima della conclusione dell’acquisto e appaiono sul supporto della vendita a distanza o sono fornite mediante qualunque altro mezzo adeguato chiaramente individuato dall’operatore del settore alimentare. […]” e ancora “tutte le indicazioni obbligatorie sono disponibili al momento della consegna

Quando viene acquistato il prodotto in regime di e-commerce?

Tecnicamente quanto esiste una transazione economica ma il problema è che per arrivare a questo livello devo conoscere ed essere consapevole di ciò che acquisto. A questo punto è facile comprendere come la vendita in modalità e-commerce di un alimento implichi la fornitura delle informazioni obbligatorie, per altro comprensibili quindi nella lingua ufficiale del paese di vendita stesso.

Questo ad esempio è un altro grosso problema perchè non è sempre possibile sapere quale sarà il paese di destinazione e quindi non sempre vi è una corretta indicazione in lingua.

 Se ci rifacciamo all’art. 14 del Regolamento UE 1169/2011 “[…] tutte le indicazioni obbligatorie sono disponibili al momento della consegna” potremmo valutare un documento integrativo al momento della consegna, fermo restando che almeno sul portale e-commerce siano presenti le informazioni minime in lingua, necessarie per informare correttamente il consumatore in merito all’acquisto.

Insomma, una questione tutt’altro che risolta e dove forse la soluzione è quella di confrontarsi con figure esperte e che possono fornire un valido supporto anche in prospettiva futura.

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Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone

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