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Comunicato UE per la plastica monouso

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L’utilizzo dei materiali plastici e il loro smaltimento, soprattutto per quanto riguarda la plastica monouso, rappresenta ormai un argomento globale e di forte interesse soprattutto in merito al suo impatto verso l’ambiente. Il Parlamento Europeo si è riunito il 24 ottobre 2018 per decidere sul destino di alcuni degli oggetti in plastica di comune utilizzo, al fine di limitarne l’utilizzo e garantire quindi una progressiva riduzione come oggetti di consumo.

La Commissione sta valutando infatti le misure necessarie e più efficaci per la riduzione dell’impatto ambientale e la salvaguardia dell’ambiente. I dati infatti, dimostrano che circa l’80-85% dei rifiuti soprattutto marini è causato dall’abbandono e il deposito nei mari e sulle spiagge di materie plastiche, di cui il 50% è rappresentato dagli oggetti in plastica monouso e il 27% dagli articoli per la pesca persi, abbandonati o buttati.

I materiali in plastica monouso in genere hanno un impatto fortemente negativo sull’ambiente, a causa del breve ciclo di vita. La Commissione ha evidenziato, inoltre, come la presenza di questi materiali impatti non solo sull’ambiente, ma anche sul benessere di molti animali (pesci, uccelli, balene, tartarughe, ecc.) e sulla catena alimentare umana, attraverso l’ingestione dei residui da parte dei pesci e dei molluschi.

Microplastiche

Al fine di concentrare gli sforzi laddove necessari, la Commissione ha emanato un accordo che porrà entro il 2021 il progressivo divieto di commercializzazione negli stati membri, di taluni oggetti di plastica monouso maggiormente utilizzati.

Alcuni di questi sono stati identificati, ovvero:

  • piatti monouso,
  • posate monouso,
  • cannucce monouso,
  • bastoncini per palloncini o cotton-fioc di plastica monouso.

Questi materiali e oggetti anche destinati al contatto alimentare (MOCA) dovranno essere sostituiti nell’Unione europea con prodotti costituiti da materiali più sostenibili. All’interno dell’elenco dei prodotti, inoltre, ritroviamo anche contenitori per alimenti in polistirolo espanso, nonché tutti i prodotti oxo-degradabili, ossia i materiali plastici (PE, PP, PS, PET), additivati di sostanze che le rendono rapidamente frammentabili in piccolissimi pezzi sotto l’effetto del calore e della luce UV, i quali risultano i maggiori responsabili della presenza di microplastiche negli oceani.

Rientrano in quante categorie anche i sacchetti per frutta e verdura dei supermercati, contenitori per cibo da asporto in polistirene espanso e sacchetti di plastica in materiale ultraleggero, con l’esclusione dei soli prodotti che hanno una funzione igienica.

Nel documento emanato dalla Commissione, viene direttamente richiesto ai produttori di ridurre l’utilizzo di microplastiche per la composizione di prodotti di vari settori, quali pneumatici e i tessuti sintetici, che contribuiscono per il 63% delle microplastiche che finiscono direttamente nei mari.

Per i prodotti composti da materiali plastici per i quali non esiste attualmente alcuna composizione alternativa valida, la commissione ha richiesto che vengano applicate tutte le misure possibili per trovare alternative valide e sostenibili.

L’accordo riguarda anche altri prodotti, quali ad esempio le tazze per le bevande, compresi i coperchi, i contenitori per alimenti immediatamente consumati (es. fast-food, insalate pronte, prodotti di gastronomia monoporzione), i contenitori di frutta e verdura e quelli dei gelati, i filtri di sigarette contenenti plastiche e le attrezzature per la pesca.

L’obiettivo primario è tuttavia l’applicazione di tutte le misure possibili per la raccolta e il riciclo dei materiali plastici. Ad esempio, una delle misure disposte è la raccolta separata delle bottiglie comunemente acquistate, con l’obiettivo di riciclarne fino al 90% entro il 2025, nonché l’autorizzazione all’immissione sul mercato solo se fabbricate con almeno il 35% di materiale riciclato e sono riciclabili.

Microplastiche 2

Anche i costi di smaltimento e riciclaggio sono oggetto di attenzione da parte della Commissione, in quanto i regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) sono in linea con il principio “chi inquina paga”, un obbligo stabilito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articolo 191, paragrafo 2, del TFUE).

I sistemi EPR sono già ben consolidati per il packaging, dove i produttori accettano di contribuire. Con la nuova legislazione UE, l’EPR diviene obbligatorio per tutti gli imballaggi. Questi schemi EPR includeranno costi di pulizia della spazzatura proporzionali alla tipologia di oggetto in plastica e del suo utilizzo.

La proposta legislativa di oggi prevede che i produttori di articoli in plastica più sporchi debbano coprire i costi di risanamento. Questi produttori hanno la responsabilità di contribuire ai costi di pulizia e riciclaggio, poiché contribuiscono al problema a monte con i loro metodi di produzione. Attualmente, i costi del deposito di oggetti in plastica monouso sono sostenuti dal settore pubblico – in ultima analisi dai contribuenti – ma anche da altri attori privati ​​come le industrie del turismo e della pesca che sono fortemente colpite dai rifiuti marini. Tali costi saranno oggetto di una ri proporzione anche fra i produttori stessi.

L’attuazione di questa proposta si concentra quindi soprattutto sulla riduzione dei rifiuti di oltre la metà, evitando danni ambientali che altrimenti costerebbero 22 miliardi di euro entro il 2030. Eviterà inoltre l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente entro il 2030.

Poiché gli incentivi economici sono in grado di influenzare la scelta dei consumatori, la direttiva li propone come strumento efficace per incoraggiare o scoraggiare abitudini di consumo specifiche. Al fine di prevenire lo smaltimento scorretto dei rifiuti contenenti plastica, uno dei punti di maggior rilievo della commissione è l’informazione e la sensibilizzazione diretta dei consumatori sulle opzioni di smaltimento dei rifiuti più appropriate, sulle migliori pratiche in materia di smaltimento, nonché rendere consapevole il consumatore dell’impatto ambientale derivante da un’errata gestione dei rifiuti e del contenuto di plastica in determinati prodotti monouso.

Dovranno essere riportate alcune informazioni su ciascun imballaggio di vendita dei prodotti in plastica monouso (quali tazze per bevande, pacchetti, incarti di materiale flessibile per il consumo immediato e i filtri delle sigarette) che informi i consumatori di quanto segue:

  • adeguate opzioni di smaltimento dei rifiuti per il prodotto e / o i mezzi di smaltimento dei rifiuti da evitare per quel prodotto,
  • gli impatti ambientali negativi dei rifiuti o di altri rifiuti inappropriati dei prodotti,
  • presenza di materie plastiche nel prodotto e
  • presenza nel prodotto di sostanze chimiche pericolose, quali metalli pericolosi, ftalati, PFAS, bisfenoli, nonché interferenti endocrini e altre sostanze pericolose.

Questo accordo emanato dalla Commissione sancisce l’impegno nel perseguire una politica di rispetto e tutela dell’ambiente che, molto probabilmente, produrrà testi di legge armonizzati su base cogente, al quale ogni operatore economico potrà affiancare, già da subito, attestati volontari di impegni verso una propria politica di abbassamento dell’impatto ambientale, sia in termini di processi produttivi che di prodotti stessi.

Di seguito un elenco degli oggetti in materiale plastico interessate dalla nuova politica di restrizione.

Microplastiche3

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Fonti e riferimenti per gli aggiornamenti:

NORMATIVA ALIMENTARE®

Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone

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