COMPOSTABILITÀ BIODEGRADABILITÀ BIOPLASTICA
Direttiva SUP, prodotti monouso, scenario futuro. Faccio il punto
Non è la prima occasione in cui affrontiamo il concetto di COMPOSTABILITÀ, BIODEGRADABILITÀ, BIOPLASTICA. Chi ormai segue gli aggiornamenti della MV Consulting Srl o Normativa Alimentare® ha già avuto occasione di leggere su questi interessanti argomenti.
Alla luce della prossima pubblicazione della Direttiva SUP (direttiva UE 2019/904) sulla quale abbiamo recentemente pubblicato un articolo, uno dei temi più discussi e meno “compresi” sono i vari termini che la Direttiva SUP pone in essere come possibili esclusioni, ci riferiamo in particolare alle “bioplastiche”, alle “plastiche biodegradabili” e alle “plastiche compostabili”.
Oggi cerchiamo di fare un po’ di chiarezza partendo dai termini presenti in chimica ambientale.
In primo luogo, è necessario comprendere cosa significa il termine biodegradazione ovvero la degradazione di un materiale, a prescindere che sia di origine naturale o sintetico, attraverso processi enzimatici. La biodegradabilità in termini semplicistici è quindi la capacità di una sostanza/materiale/prodotto di essere degradato in sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica.
Questo processo avviene in tempi che non sono standard ma altresì variamo molto in relazione al tipo di materiale, alle sue caratteristiche fisiche (es. spessore) e alle condizioni ambientali a cui la reazione avviene. La biodegrazione di un materiale viene quindi fortemente influenzata dalla temperatura, dalla presenza di microrganismi, e di conseguenza dalla presenza di ossigeno e acqua disponibili alla reazione.

Una volta compreso il processo di biodegradazione è possibile comprendere meglio il termine “biodegradabile” che spesso è utilizzato in modo improprio o inconsapevole. Un prodotto “biodegradabile” di fatto non ha infatti un significato oggetto in quanto non si definiscono le condizioni in cui esso è biodegradabile. E’ come definire un prodotto “idoneo” senza contestualizzare il sistema in cui deve essere considerato tale.
Il termine “biodegradabile” inoltre non da informazioni relative alla composizione del prodotto a cui questo aggettivo è associato, il quale potrebbe essere realizzato da materie prime rinnovabili oppure convenzionali ovvero di provenienza fossile.
La composizione dei materiali bioplastici o bioplastiche ad esempio può variare molto, le principali fonti ad oggi sono:
- Plastiche convenzionali: PE, PET, PP
- Plastiche degradabili: PBAT,
- Bioplastiche: biobased (PE, PET, PA, PTT)
- Bioplastiche degradabili: PLA, PBS, PHA, Starch Blends
Il grafico di seguito, estratto dal sito dell’European Bioplastics Association, fornisce una chiara valutazione delle possibili origini dei vari prodotti.

E’ importante considerare come il termine “bioplastiche” contempla sia le plastiche “biobased” ovvero quelle derivanti dalle fonti rinnovabili sia biodegradabili che non-biodegradabili, sia le plastiche “biodegradabili” da fonti fossili.
Il termine biodegradabile quindi identifica una categoria ampia di materiali che hanno la possibilità di degradarsi in particolari condizioni e tempi, tuttavia se non sono identificate queste condizioni, il termine rischia di essere primo di un reale significato.
Bioplastica e biodegrabilità
In prima istanza è doveroso considerare come la Comunità Europea e di concerto il suo apparato legislatore consideri le bioplastiche come plastiche a tutti gli effetti e quindi esse devono rientrare nelle medesime disposizioni dei materiali polimerici di origine petrolchimica. Un’impostazione che penalizza fortemente e soprattutto l’industria italiane delle bioplastiche, la prima in Europa per numeri e volumi di mercato.
I materiali compostabili o imballaggi compostabili rappresentano quei prodotti che hanno la capacità di decomporsi durante un processo di compostaggio senza creare ostacoli nell’impianto di trattamento e senza influire negativamente sulla qualità del compost finale ottenuto. Anche in questo termine le condizioni, soprattutto le tempistiche, sono caratterizzanti e se non sono definite il termine compostabile non ha un valore reale.
Questo significa anche il termine “compostabile” non è direttamente legato al concetto di degradazione/decomposizione a condizioni naturali.
Una bioplastica può essere biodegradabile e compostabile se risulta conforme ad una serie di norme tecniche internazionali come ad esempio la norma UNI EN 13432 (09-2000) “Packaging – Requirements for packaging recoverable throught composting and biodegradation – Test scheme and evaluation criteria for the acceptance of packaging”, la quale definisce dettagliatamente le condizioni dei test da adottare.
E’ importante ricordare però che tale norma internazionale stabilisce i criteri di biodegradabilità e compostabilità di un materiale in sistemi centralizzati (compostaggio industriale ovvero di trattamento della frazione organica), quindi a sistemi che prevedono circuiti di raccolta differenziata indirizzati ad impianti industriali di rilavorazione e non a circuiti “domestici”.
L’impatto della Direttiva 2019/904 e della Legge di Delegazione n.53 /2021
L’incentivo voluto dal legislatore in merito alla diffusione di prodotti monouso in materiale biodegradabile e compostabile avviene in un momento storico complesso ma soprattutto senza una chiara ed armonizzata (a livello UE) identificazione di queste nuove tipologie di prodotti nonché senza una chiara e trasparente informazione verso i consumatori soprattutto in merito alla corretta modalità raccolta e di conferimento del rifiuto, in netta antitesi alla volontà da parte del Legislatore UE di fornire una comunicazione chiara al consumatore così come promosso dai tempi delle pubblicazione del Regolamento UE 1169/2011 sulle etichettatura dei prodotti alimentari.
In questo scenario purtroppo si inserisce anche l’assenza di un circuito di raccolta dedicato ai materiali biodegradabili e compostabili, creando ancora maggiore confusione non solo sui consumatori ma anche sui produttori.
Non sono poche infatti le domande che giungono alla nostra segreteria sul “come dobbiamo comportarci?”.
Il risultato prevedibile, almeno nel breve tempo, è di un crescente impatto negativo sulla filiera della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, nonché l’immissione sul mercato di altrettanti articoli si, biodegradabili e compostabili ma sui quali probabilmente non vi sono test specifici sui reali impatti tossicologici a lungo termine e ci riferimento al concetto di “Food Contact materials”, più volte accennato in precedenti articoli sul portale Normativa Alimentare®

Biorepack, una risposta?
BIOREPACK è il Consorzio Nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, un consorzio di imprese del settore già facenti parte del CONAI che hanno creato una specifica branca del CONAI stesso per affrontare il nuovo mercato degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile.
Lo statuto del nuovo Consorzio è stato approvato con decreto del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) del 16.10.2020 di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico.
Vedremo come evolverà la situazione nell’attesa di una maggiore chiarezze e armonia legislativa da parte della Commissione Europea.

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Fonti e riferimenti per gli aggiornamenti:
Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone
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