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L’acrilamide nella filiera alimentare, quali informazioni abbiamo a disposizione

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L’acrilamide è un composto chimico che si forma a fronte di particolari condizioni di processo soprattutto negli alimenti amidacei come fritture, prodotti da forno, prodotti grigliati. Viene quindi a trovarsi in prodotti quali patatine, patate fritte a bastoncino, pane, biscotti e caffè.

L’acrilamide si produce per disidratazione del glicerolo dall’acroleina, processo che si verifica durante la frittura (oltre il punto di fumo dell’olio utilizzato) per l’idrolisi dei grassi e successiva interazione con gruppi azotato contenuto nei cibi (principalmente zuccheri e proteine).

Alla sua formazione concorrono anche le tempistiche dei processi, più è lungo infatti il processo di cottura o friggitura, più la formazione di acrilamide aumenta.Visibilmente la formazione del composto è associato alla classica doratura superficiale dei prodotti da forno, prodotti fritti, in questo frangente aumenta la quantità di acrilamide.

Una volta ingerita attraverso l’alimentazione l’acrilamide viene assorbita e metabolizzata in breve tempo per poi arrivare praticamente a tutti gli organi del corpo, rappresentando uno dei principali indagati nei processi che induco alla mutazione del DNA.

Acrylamide 2d Skeletal

La presenza dell’acrilammide nei prodotti alimentari rappresenta ad oggi un aspetto di forte impatto sulla sicurezza alimentare nonché uno dei parametri di controllo maggiormente previsti nei documenti analisi dei pericoli.

Gli studi condotti dall’EFSA in merito alla potenzialità nocive dell’ acrilamide hanno infatti dimostrato i suoi effetti cancerogeni e mutageni sul sistema nervoso centrale e periferico con implicazioni anche sul sistema riproduttivo.

L’acrilamide è inserita fra le sostanze SVHC (substance of very high concern) elencate nella Candidate List  e regolamentate dal REACH.

Nel 2016 sempre l’EFSA ha classificato il composto proprio in virtù della sua pericolosità e diffusione negli alimenti, come uno dei contaminati più a rischio per il consumatore.

La sua presenza infatti è molto diffusa e rappresenta una fonte di rischio elevata non solo per gli adulti ma soprattutto per fasce di consumatori protetti come i bambini (fascia maggiormente esposta a causa del ridotto peso corporeo).

Ma esiste un quantitativo massimo di acrilamide tollerabile?

Dalle analisi condotte dalle varie agenzie, non è stato definito una dose giornaliera tollerabile (DGT) di acrilamide negli alimenti ma è stato ipotizzato un “margine di esposizione” (MOE) sopra il quale la correlazione fra acrilamide e incidenza tumorale è maggiore rispetto ad un consumo ridotto.

Questo limite è definito “limite inferiore dell’intervallo di confidenza relativo alla dose di riferimento” o BMDL10.

  • Per i tumori gli esperti hanno scelto un BMDL10 di 0,17mg/kg pc/giorno .
  • Per altri effetti, i mutamenti neurologici più pertinenti al caso sono stati osservati con un BMDL10 di 0,43 mg/kg pc/giorno.
Acrilamide

Il MOE anche se non fornisce un limite critico per la sicurezza alimentare, fornisce un’indicazione del livello di allarme. 

Può quindi essere preso come dato di riferimento per definire eventuali azione volte a limitare la presenza di acrilamide negli alimenti.

Sempre EFSA da studi condotti nel 2015, ha stimato che un MOE superiore a 10^4 può rappresentare un livello di attenzione per la salute pubblica, mentre valori di MOE inferiore a 10^2 sono un limite entro il quale non vi sono rischi per la salute dei consumatori inferiori.

Fra i cibi più a rischio si annoverano:

  • Per gli adulti : i prodotti fritti a base di patate 49% dell’esposizione media; caffè (34%) dell’esposizione media; pane morbido (23%) dell’esposizione media;
  • Per i bambini: i prodotti a base di patate fritte 51% dell’esposizione media; Pane morbido e prodotti da forno 25%; Alimenti trasformati a base di cereali 14% dell’esposizione; dolci e pasticceria fino al 15% per i bambini ; patatine e snack l’11% dell’esposizione media per gli adolescenti.
  • Per i neonati: alimenti per bambini diversi da quelli trasformati a base di cereali 60%; altri prodotti a base di patate 48%; alimenti trasformati per bambini a base di cereali 30%.

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Fonti e riferimenti per gli aggiornamenti:

NORMATIVA ALIMENTARE®

Informazioni sull’autore: Marco Valerio Francone

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